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17/08/2013 - Considerazioni sulla sentenza Cort. Cost. n.85/13
Considerazioni sulla sentenza Cort. Cost. n.85/13
La recente sentenza n. 85/2013 della Corte costituzionale ha rigettato le questioni di legittimità costituzionale sollevate sul caso Ilva. Il punto centrale della decisione riguarda il c.d. bilanciamento dei diritti, principio evocato dalla Corte anche nel caso in esame. L'Ilva riteneva che spettava al Legislatore procedere ad un contemperamento dei diversi diritti e che tale esigenza permeava anche la questione tarantina.
Da un lato, vi sarebbe, dunque, "il diritto alla prosecuzione dell'attività produttiva", corollario della libertà di iniziativa economica privata, dall'altro, il diritto alla salute e all'ambiente salubre (art. 32 Cost.). La Corte, che aderisce all'idea che il bilanciamento sia stato effettuato attraverso la combinazione di due atti (il decreto-legge e l'AIA "riesaminata"), considera raggiunto il predetto bilanciamento non mettendo sul piatto della bilancia il diritto alla libertà di iniziativa economica privata ed il diritto alla salute, ma quest'ultima ed il diritto al lavoro.
Al punto 9 del Considerato in diritto si legge infatti: "La ratio della disciplina censurata consiste nella realizzazione di un ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, in particolare alla salute (art. 32 Cost.), da cui deriva il diritto all'ambiente salubre, e al lavoro (art. 4 Cost.), da cui deriva l'interesse costituzionalmente rilevante al mantenimento dei livelli occupazionali ed il dovere delle istituzioni pubbliche di spiegare ogni sforzo in tal senso".
Pertanto secondo la Corte il bilanciamento non sussiste tra la salute e l'iniziativa economica privata, come ci si aspetterebbe trattandosi di decidere se far proseguire una azienda privata nella sua attività produttiva, ma con il diritto al lavoro in quanto tale. In un certo senso cedendo proprio a quel "ricatto occupazionale" che tanto ha martoriato il nostro meridione.
A questa conclusione la Corte giunge affermando il seguente assioma: "Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012).
Se così non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe "tiranno" nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona. Per le ragioni esposte, non si può condividere l'assunto del rimettente giudice per le indagini preliminari, secondo cui l'aggettivo «fondamentale», contenuto nell'art. 32 Cost., sarebbe rivelatore di un «carattere preminente» del diritto alla salute rispetto a tutti i diritti della persona. Né la definizione data da questa Corte dell'ambiente e della salute come «valori primari» (sentenza n. 365 del 1993, citata dal rimettente) implica una "rigida" gerarchia tra diritti fondamentali. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi.
La qualificazione come "primari" dei valori dell'ambiente e della salute significa pertanto che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati, non già che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Il punto di equilibrio, proprio perché dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale".
Il bilanciamento tra interessi così complessi, che coinvolgono un intero Paese, avrebbe, sicuramente, richiesto un maggiore approfondimento. Lavoro e salute necessitano di misure strategiche ed efficaci finalizzate a garantire la tutela, sempre e comunque, dell'ambiente. Questo vuol dire che un diritto deve, come nel caso della tutela dell'ambiente, avere superiorità su un altro, tanto più inerisca il bene comune. E' lo stesso ordinamento giuridico che segna la gerarchia dei valori perseguiti e tutelati, senza che tale compito, che è lo statuto ontologico dell'ordinamento, possa definirsi tirannia. Infatti, giudizio di preminenza, infatti, è situato nella stessa Costituzione.
Quando la Carta afferma che l'iniziativa economica privata trova il proprio limite nella dignità umana, afferma la preminenza di un diritto sull'altro, indipendentemente da altre valutazioni.
Tertium non datur, meno che mai quando c'è di mezzo la salute ed il bene comune.


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