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04/07/2014 - Note a margine di Cedu n.65192/11 e Cort. Cost. n.162/14

Con la sentenza del 26 giugno 2014 – Causa n.65192/11, la Corte di Giustizia Europea apre definitivamente lo spazio alla c.d. maternità surrogata – termine edulcorato e neutro ma che significa propriamente tecnica dell’utero in affitto – ed alla trascrizione di atti stranieri che riconoscono il rapporto di filiazione ottenuto con tecniche di procreazione vietate nel proprio Stato. È direttamente Strasburgo a svincolare questa prassi, molto discussa in vari paesi europei, addirittura affermando di effettuarlo nel nome dell'interesse superiore del minore. Pertanto, tutti i divieti nazionali saranno di fatto destinati a cadere.
Il paradosso del pronunciamento della Corte Europea è che per garantire il diritto all'identità personale ed alla vita privata del minore (assicurato dall'articolo 8 della Convenzione), le autorità nazionali devono procedere alla trascrizione di atti stranieri che riconoscono il legame del minore con i sedicenti genitori che hanno fatto ricorso all'estero alla maternità surrogata, rectius all’utero in affitto, malgrado il divieto legislativo in patria.
Giova ricordarlo, per meglio comprendere tutti i termini della questione, anche etici e medici, che per utero in affitto si intende la prassi adoperata da alcune coppie, soprattutto omosessuali, di ricorrere all’impianto dell’ovulo fecondato nell'utero di una donna che svolge il ruolo di incubatrice umana fino al parto. Dopo tale evento “consegna” il bambino ai “genitori” dietro corrispettivo.
Secondo la Corte Europea tutto ciò è pianamente condivisibile e meritevole di giuridica tutela. Insomma è legittimo il bambino in confezione regalo.
La Corte di Strasburgo ha osservato come le autorità francesi, cui la coppia si erano rivolte per le trascrizioni degli atti di nascita dei bambini “acquistati al market” in USA, nel negare tali trascrizioni hanno minato l'identità dei bambini nella società e leso la loro sfera giuridica. Pertanto ne ha obbligato il riconoscimento, poiché già avvenuto negli USA, come figli degli attuali genitori dichiaranti, nonostante la natura ed il raziocinio lascino senza ombra di dubbio concludere che i veri genitori siano ben altri.
E’ evidente che l’intero impianto logico-giuridico della sentenza in esame lascia ampiamente perplessi. Del resto se si dovesse realmente assumere a fondamento del pronunciamento l’esclusivo interesse del minore, ciò che dovrebbe essere cassato non è il diniego di riconoscimento operato dalle autorità francesi (che afferma la trascrivibilità dell’atto di nascita solo ed esclusivamente in favore dei genitori naturali), ma solo la prassi dell’utero in affitto che soddisfa gli egoisimi degli adulti a scapito proprio del soggetto più debole: il nascituro.
Infatti, l’unico vero diritto ed interesse di qualsiasi nascituro di specie umana è di avere un padre ed una madre biologici ed effettivi, come natura e logica impongono (e come sostenevano le autorità francesi).
Infatti, la legittimità del procedimento di fecondazione mediante maternità surrogata avrebbe un senso unicamente ove nell’ordinamento non fossero presenti altri strumenti giuridici per la filiazione. Ebbene, da millenni ogni ordinamento giuridico conosce l’istituto dell’adozione che rispetta sia l’interesse dell’adottando che soprattutto dell’adottato, che entra nella sfera giuridica dell’adottando senza perdere la propria identità biologica e giuridica. In definitiva, le persone non sono pacchi regalo da scartare all’occorrenza e poi buttare via, né tantomeno diritti da ottenere incoercibilmente.
Sulla medesima posizione della Corte di Strasburgo si pone anche la nostra Corte Costituzionale con la recente sentenza n.162/14. Secondo tale pronunciamento il diritto di avere figli è assoluto ed incoercibile per cui appare legittima anche la fecondazione eterologa (altro modo ingannevole di definire l’utero in affitto), in quanto strumento per soddisfare tale diritto. Insomma se non puoi avere figli è opportuno anche il comprarli da altri, perché questo desiderio è inviolabile (assoluto) ed irrinunciabile (incoercibile). Chissà se i medesimi principi di incoercibilità ed inviolabilità valgano anche per gli adolescenti e l’acquisto dei telefonini all’ultima moda.
Oltre la boutade, la massima enunciata dalla Corte appare giustificare e legittimare la mera volontà del soggetto che, assoluta e illimitata, va a discapito di chiunque non possa far sentire la propria voce, cioè il nascituro che viene ridotto a mera “cosa” ed oggetto altrui. Ma non è anch’egli una persona? Non ha pari diritto di conoscere i propri veri genitori? Non ha anch’egli un’identità propria ed inviolabile?
Il buon senso avrebbe dovuto portare i Giudicanti a sancire che quando i figli non arrivano per natura si possono anche adottare, magari auspicando anche uno snellimento delle procedure.
Dinanzi a questi scenari, è evidente che il compito di qualsiasi persona di buona volontà è di affermare non solo l’immutabile validità dei principi naturali, ma anche il buon senso.
Appare pertanto auspicabile che ogni ambito della società torni ad essere riordinato secondo i principi di tutela della dignità della persona e rispetto integrale della vita in ogni suo aspetto e fase. Infatti, i pronunciamenti presi in esame dimenticano colpevolmente che Il bene comune non è un insieme di principi aventi tutti lo stesso peso, ma è un insieme ordinato. Ed il rispetto della vita e della dignità umana, evidentemente, sono sia il fondamento che il fine cui deve tendere ogni attività umana che possa definirsi tale. Proprio per questo motivo Papa Francesco, con il suo pragmatismo, ha affermato che i predetti principi “sono valori e basta non vi sono di importanti e meno, né posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra”.
Se si offusca il rispetto della esistenza umana non si offusca solo un valore, ma anche altri valori ed altri aspetti della vita che quel principio illumina. Senza un criterio non c’è bene comune ma somma di beni particolari. Proprio come il diritto al figlio a discapito del… figlio.



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